Tutelare la Memoria di Katia Mammola

I “Martedì di AMUSE” sono le settimanali riunioni aperte a tutti i Soci, nel corso delle quali si discutono l’opportunità, l’organizzazione, l’evoluzione dei progetti storici e nuovi dell’Associazione, si scambiano idee e notizie, si decide insieme,  e soprattutto si condivide e si riflette. L’ultima riunione, martedì scorso, è stata teatro di un breve dibattito concernente l’eccidio delle Fosse Ardeatine, uno dei momenti più oscuri della storia italiana durante la seconda guerra mondiale: il 24 marzo del 1944, 335 italiani vennero trucidati a Roma dalle forze di occupazione naziste come rappresaglia all’azione partigiana del giorno precedente.

A breve ricorreranno esattamente ottanta anni dalla strage: AMUSE ha sottolineato l’importanza della Memoria e delle iniziative al riguardo nel II Municipio; Itinerari della Memoria anche attraverso le Pietre di Inciampo: una discussione trascinante….e, a latere, la contemporanea pubblicazione, sul sito AMUSE, di un breve, delizioso “Racconto del Flâneur” di Maurizio Rocco Lazzari che restituisce visibilità alla dimenticata Madonnina di Guerra, a “ricordo dell’incolumità di Roma, il 4 giugno 1944” quando le truppe alleate liberarono Roma.

Una seconda data della memoria, altrettanto orribile, che proprio in questi giorni, dal 10 al 27 febbraio 2024: il Treno del Ricordo, inaugurato a Trieste, in memoria dell’esodo giuliano-dalmata,  percorre (a ripercorrere metaforicamente il viaggio degli esuli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra) il Paese sostando in dodici stazioni italiane. Oggi, proprio nel Giorno del Ricordo, istituito in Italia esattamente venti anni fa, il 10 febbraio 2004, il convoglio storico, promosso dal Ministro per lo Sport ed i Giovani con la collaborazione dei Ministeri dell’Istruzione, della Cultura e della Difesa e realizzato dal Gruppo e dalla Fondazione FS Italiane,  si trova alla stazione Ostiense di Roma a commemorare tutte le vittime delle  Foibe e la drammatica vicenda del confine orientale. Il massacro, di crudeltà inaudita, coinvolse militari e civili italiani, bambini, donne, anziani; migliaia furono i deportati nei campi di prigionia jugoslavi; 350.000 i profughi giuliani.  

Sempre in tema di memoria, il 27 gennaio 1945, conclusasi la seconda guerra mondiale, la 60esima armata dell’esercito sovietico irrompeva nei campi di sterminio di Auschwitz: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite il primo novembre 2005 disponeva che il 27 gennaio ricorresse il Giorno Internazionale della Memoria dedicato alla commemorazione delle vittime dell’Olocausto. L’Italia ha istituito la Giornata della Memoria nel 2000: a ricordare, anzitutto, le terribili leggi razziali del 1938, che condussero alla  persecuzione degli ebrei che vivevano nel nostro Paese ed alla deportazione dei cittadini italiani, unitamente alle deportazioni dall’ Europa occidentale, dai Balcani, dall’Europa centrale. Un’ondata inarrestabile di follia parossistica che travolgeva tutti coloro che la “diversità” o il solo sospetto di opposizione allo sterminio, condannavano inesorabilmente alla “soluzione finale”. Dieci milioni di vittime innocenti, sotto gli occhi del mondo. Questo giorno allora, non è solamente un omaggio alle vittime del nazismo, non è il passato che non può ritornare, non è uno dei tanti genocidi che qualificano amaramente la storia dell’umanità. E’ il crimine per eccellenza a fronte del quale non è consentito alcun fremito di distrazione.

Un libro ed un film per non dimenticare.

Un libro, il cui titolo immortale, “La banalità del male” inchioda gli uomini alla propria essenza di “uomini comuni”, banali esecutori di ordini, privi di discernimento ed incapaci di attribuire valore morale alle proprie azioni. Il libro, certamente il più intenso e noto di Hannah Arendt,  allieva di Heidegger e di Jaspers, è il resoconto del processo ad Eichmann, celebrato a Gerusalemme l’11 aprile 1961,  cui la filosofa tedesca assistette quale inviata del New Yorker. Adolf Eichmann, capo dell’Ufficio Affari Ebraici delle SS, venne processato in mondovisione, giudicato complice del genocidio di sei milioni di persone, impiccato,  cremato e le sue ceneri sparse al vento affinché mai potesse avere un luogo in cui riposare in pace. Fu la prima testimonianza oculare dell’Olocausto. 

Un film, “Operation finale”, di Chris Weitz del 2018,  racconta la cattura orchestrata dai servizi segreti israeliani, a Buenos Aires, di colui che definì lo sterminio la lotta contro i nemici della Germania, e null’altro che un lavoro burocratico il proprio contributo di semplice contabile.  Adolf Eichmann, “l’Architetto della soluzione finale” incarna il Male al pari dei crimini nazisti. Ma il Male è banale: i nazisti non sono l’espressione più spregevole dell’animo umano ma persone comuni inserite in un meccanismo infernale. Chiunque, nelle stesse condizioni, potrebbe agire nell’identico modo: abolito il pensiero, annullata la capacità di giudicare i propri atti, rimane il cinismo disumano dell’ufficiale nazista, buon padre di famiglia, tanto mediocre nella sua essenza quanto atroce nelle sue azioni: gli ebrei erano animali per voi? Siamo tutti animali ribatte Eichmann al suo carceriere.

Ecco perché ricordare queste date. Ecco perché parlare di memoria.

Occorre individuare ciò che è meritevole di tutela. Occorre creare una sensibilità individuale, per maturare quella collettiva: lo abbiamo detto, con il nostro progetto TuteliAMO e continueremo ad affermarlo: orbene, cosa è più meritevole di tutela, in un’ottica di primigenia importanza, della memoria?

Tuteliamo la memoria e tuteliamola incessantemente, non solo in occasione di una effimera giornata di celebrazione.

Occorre consegnare questo messaggio a chi vuole ascoltare e in primis ai nostri giovani, ai nostri nipoti; acquisire consapevolezza attraverso la conoscenza, che apre le porte alla capacità di riconoscere i problemi ed operare le “scelte giuste” per affrontarli ma, ancor prima ed ancor più, perché è la chiave di volta per vedere l’altro, sentire davvero che ognuno vale, che ognuno è insostituibile, che ogni singolo conta. La via per la libertà non può che essere questa: come cantava Gaber un tempo, la partecipazione.

Ancora e sempre, tuteliamo la memoria!

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